Sofia, una vita piena di amici e…di musica

Quando ascolta la Pausini non ce n’è per nessuno: Sofia s’illumina di gioia perché adora le sue canzoni, quella voce di velluto, il ritmo, la melodia avvolgente. Sorride, si guarda intorno, si agita, si lascia andare al suo modo originale di cantare. In fondo ama un po’ tutta la musica come tante altre cose della vita: la natura, gli animali, stare con gli amici, la pizza, il gelato, la piadina al sabato sera con papà, un bel piatto di pastasciutta come quello che sua madre le ha cucinato per stasera: penne e broccoli. Finalmente si mangia!… dopo più di due ore rimasta a guardare e a sentire i suoi genitori, Anna e Pierangelo, che stasera hanno incontrato una nuova amica, la sottoscritta, venuta per capire com’è che questa famiglia sia così contagiosa di calore e serenità per le tante persone che qui sono arrivate grazie proprio a Sofia. Dolce Sofia: prima mi scruta con quei bellissimi occhi verde mare, poi mi sorride per dirmi ciao, sei la benvenuta nella nostra casa. Mi inorgoglisco…

 

“Non illudetevi, vostra figlia non avrà mai una vita normale” –Pochi giorni dopo la nascita di Sofia, la neuropsichiatra fu spietata: non fatevi illusioni, la disabilità è troppo grave e vostra figlia – ci disse – non potrà mai avere una vita normale come tutti gli altri.  E invece no – le risposi io – nostra figlia avrà una qualità della vita meravigliosa! E così è stato”.  Mamma Anna è felicemente orgogliosa delle scelte fatte in una vita di battaglie, prima di tutto con se stessa quando la nascita della sua bambina, 25 anni fa, le ha ribaltato la vita. “Certo le difficoltà sono tante, i momenti di sconforto, i pianti, non sono mancati, non mancano, ma sono molto di più quelli pieni di soddisfazione e di gioia”. Papà Pierangelo fa un sì convinto annuendo anche con la testa: “Di fronte alla disabilità di un figlio ci sta tutto: la risposta è soggettiva, sempre e comunque comprensibile. La nostra è stata quella di reagire senza piangerci addosso. L’esperienza di fede, cemento della nostra vita, ci ha aiutato a dare un senso alla nostra condizione, alla condizione di nostra figlia: ad accettare e a vivere appieno il disegno che Dio ha per la nostra famiglia e per Sofia. Tanto per cominciare ci ha aiutati ad aprirci agli altri, ad aprire concretamente la nostra casa…”.

 

Quattro anni di fisioterapia non-stop e 40 persone corse in aiuto –  Per Anna e Pierangelo aprire la casa ha significato accogliere le tante persone – una quarantina e più, dai 16 agli 80 anni – provenienti dalle parrocchie, e da ogni esperienza senza distinzione, tutte disponibili a rispondere alla loro richiesta di aiuto e sostegno non solo nelle difficoltà del quotidiano, ma anche nei passaggi più complicati, anche quando si trattava di spostarsi in giro per l’Italia, Milano, Parma, Reggio Emilia… alla ricerca dei centri di cura migliori: via via che la loro piccolina cresceva aveva bisogno di assistenza e terapie, si sono resi necessari anche interventi chirurgici, ma soprattutto percorsi impegnativi da compiere per un corpicino fragile, costretto su una sedia a rotelle (peraltro sofisticatissima), ma talmente  tosti da dare ragione alle battaglie portate avanti con tutte le incertezze  le paure, e gli interrogativi che ogni scelta comporta. E studio, tanto studio e ricerca di nozioni sulle metodiche riabilitative più all’avanguardia, “quelle a livello motorio le hanno permesso di mantenere una motilità fluida, è riuscita a sviluppare molta parte cognitiva e visiva. E se ha potuto fare quattro anni di fisioterapia continuativa è stato anche grazie ai tanti amici che a turno si davano il cambio. Molti di loro, allora poco più che ragazzi, fanno parte della sua vita anche oggi che sono sposati e hanno figli pure loro: vanno insieme al cinema, a mangiare la pizza”.

 

Il nostro angelo che non parla ma si fa capire molto bene – Sofia ha una tetraparesi spastica, e non parla, ma riesce a comunicare con gli occhi e poi “lancia certi vocalizzi”, e noi ne comprendiamo benissimo il significato.  Ha le idee molto chiare e si fa capire bene, ci vuole vedere sereni, uniti. E’ il nostro specchio, il centro della nostra vita”.

 

Poi 7 anni fa la scoperta dell’Assofa – L’approccio con l’Assofa è arrivato avanti nel tempo, quando Sofia aveva compiuto 16 anni. “Finché si è potuto abbiamo cercato di farle fare un percorso tradizionale, il nido, la scuola elementare e media. Tante sono state le battaglie per capire e farci capire, combattere, difendere le nostre idee, e al termine di questa esperienza abbiamo cercato un nuovo percorso, e l’alternativa è stata offerta dalla cooperativa Assofa: “Abbiamo imparato a conoscerla e ad apprezzarla attraverso un approccio graduale con gli spazi del Centro socioriabilitativo diurno e con le persone che ci hanno accompagnati passo passo, spiegando perfettamente come nostra figlia sarebbe stata seguita”. Ci sono stati tanti incontri fino alla decisione: “ok proviamo”. Per Anna è stato un passaggio sofferto: “Ormai la mia vita era scandita da quella di Sofia, i suoi bisogni, la sua presenza, il suo affetto. Ma ora sono molto soddisfatta della scelta fatta”. Mentre per Pierangelo, manager di un’impresa che lo impegna tantissimo – “ma che non ho mai rubato tempo alla mia famiglia” – si è verificata una sorta di illuminazione: “Professionisti esperti ci hanno accompagnati nel percorso di ingresso. Lì ho capito che c’è un modo di vivere la disabilità anche fuori dalla famiglia. Guardando Sofia tra gli altri ragazzi del Centro tutto mi è apparso molto più chiaro: li ho visti tutti figli di Dio e discepoli di Cristo, lì dentro, in quell’entità c’è amore, c’è il valore enorme del bene, dell’abnegazione, della dedizione agli altri attraverso la grande professionalità degli operatori, dei volontari e degli amministratori che ogni giorno si prodigano per i nostri ragazzi”.

Quel che resta del giorno e…della notte – Sofia arriva al centro alle 9 del mattino ed esce alle 4 del pomeriggio. Un arco di tempo pieno di stimoli, perché il programma riabilitativo comprende ad esempio laboratori che stimolano capacità sensoriali ed espressività, musica, giardinaggio, cucina, informatica… E torna a casa felice. Il pensiero dei genitori va a quel che resta del giorno e della notte negli anni che verranno “quando noi non ci saremo più”. E si apre l’importantissimo tema del “Dopo di noi”: “E’ il tema che ci preoccupa e che abbiamo deciso di affrontare fin da ora che…abbiamo compiuto 60 anni. Chi si occuperà di lei? L’altra notte, ad esempio…: Sofia si è svegliata piangendo, noi ci siamo precipitati giù da letto per correre a tranquillizzarla: aveva fatto un brutto sogno…E’ bastata qualche carezza per tranquillizzarla. Ma quando noi non ci saremo più, chi le starà accanto con questa premura?”.

Il Dopo di noi dovrà essere pieno di attenzioni:. Pierangelo è ottimista, anche sulla scorta di un vissuto positivo: finora le istituzioni e i centri a cui ci siamo rivolti hanno sempre risposto bene alle nostre richieste. “Certo: per avere risposte bisogna chiedere e confrontarsi”. Crede e spera che si possano strutturare e mettere a sistema spazi di accoglienza e cura ispirati proprio al modello-Assofa per come le persone disabili vengono affiancate e accompagnate in percorsi vitali, stimolanti, pieni di attenzioni… “E’ fattibile, basta impegnarsi tutti insieme, noi genitori con le associazioni e cooperative impegnate sul campo, dobbiamo dialogare, coordinarci, fare rete e stimolare le istituzioni”.

Tiziana Pisati