Le battaglie di mamma Franca

Alessia, 29 anni, solare e sensibile, una grande predisposizione artistica, Arianna 23, futura farmacista, un forte istinto materno, Alida 21, una perspicacia e attenzione all’altro che dopo la Maturità l’ha portata a iscriversi a Scienze dell’Educazione. Quella A iniziale che hanno in comune le tre figlie di Franca è quasi venuta per caso: “Semplicemente ho voluto dare a loro un nome che  non fosse ereditato da qualcun altro. Fa in parte eccezione Alida perché contiene Ida, il nome di mia suocera, scomparsa prematuramente: l’ho pregata tanto che mi aiutasse a portare a termine l’ultima gravidanza. E così è stato: è andata benissimo, un’emozione fortissima. Le mie figlie sono il miracolo della mia vita. Si vogliono un gran bene, tutte pappa e ciccia”.

Quella rabbia che ti aiuta a rialzarti – Infermiera, 55 anni, e al suo fianco Massimo, un marito eccezionale: “Ho sposato un grand’uomo. Lui è positività, è allegria, riesce a placare le mie ansie, perché io al contrario di lui sono una persona piuttosto nervosa e apprensiva, se mi prende la depressione, perché la depressione ti prende quando la vita ti sferza certi colpi bassi…, riesco a scrollarmela di dosso grazie alla rabbia e al mio innato senso di ribellione che mi aiutano a non arrendermi alla sfortuna e alle ingiustizie”.

Sfortuna e ingiustizia quella che ha segnato la nascita della primogenita, Alessia, perché se è affetta da tetraparesi spastica – e della sua disabilità mi accorgo solo a metà racconto di mamma Franca – non è per nascita: “Purtroppo tutto è accaduto durante il parto. Sono gravemente allergica al lattice, inutili tutte le avvertenze e precauzioni latex-free prese per evitare incidenti, perché a un certo punto il ginecologo si è infilato i guanti in lattice ed io ho avuto una crisi profonda fino a finire in coma, così  mia figlia non ha potuto respirare proprio quando avrebbe dovuto cominciare a farlo con il taglio del cordone ombelicale, ed ha avuto un’anossia cerebrale che le ha causato la paralisi”. Un colpo durissimo: “Avevo 25 anni, mio marito 28: ti cade il mondo addosso. Ho avuto problemi grossi sia fisici che psicologici, mi ci sono voluti tre anni per riprendermi. E’ stata la rabbia che mi ha aiutato a rimettermi in piedi, perché la rabbia ti dà adrenalina…Mi sono detta ‘E no! La mia bambina ha bisogno di me, io ci devo essere’. Poi l’amore e la vicinanza di mio marito hanno fatto il resto”.

Soli con il mondo che ti crolla addosso – Mamma e papà insieme hanno lottato per cercare di migliorare il più possibile la vita della loro prima figlia. “Ti lasciano solo, solo! Sai cosa ci ha aiutati? il tam tam con altri genitori che c’erano passati prima di noi. Poi la ricerca forsennata di informazioni, ore e ore a chattare in Internet e viaggi su viaggi, li chiamavamo i viaggi della speranza, incontri con medici, ospedali, interventi chirurgici per rallentare il progredire degenerativo delle ossa, dei muscoli. Per poter fare tutto questo ho chiesto aspettative, tanti anni che sto recuperando, abbiamo venduto casa, fatto debiti…tutti pagati, anche mio marito, fortunatamente, ha un buon lavoro”.

In 30 anni le cose sono cambiate ma migliorabili –   “Trent’anni fa gestire un neonato con gravi disabilità era sicuramente molto più difficile di oggi perché – come ho detto – ti trovavi completamente da solo a dover affrontare una situazione complicatissima sotto tutti gli aspetti, non solo psicologici, ma anche fisici, pratici, ogni gesto, ogni scelta, ogni decisione sono montagne da spostare…come capisco se non sta bene, quando ha la febbre che faccio?, quando piange?…se dorme troppo?…Nei reparti di maternità ci dovrebbe sempre essere un’équipe di psicologi, pediatri, neuropsichiatri che seguono fin da subito situazioni come la nostra. Allora non era così, abbiamo dovuto imparare tutto da zero. Negli anni essendo anche infermiera, mi son fatta un’esperienza che ora risulta utile a tanti altri genitori che sono venuti dopo di noi, ho conosciuto tante mamme, mi chiamavano anche di notte per chiedere aiuto, ci scambiavamo consigli, esperienze, sono nate amicizie”.

L’intesa con Alessia che non parla – Alessia non parla, non ha l’uso delle gambe né delle braccia, soffre di spasmi e distonie. Eppure…“ci facciamo delle lunghe chiacchierate io e lei”. Ma come è possibile? “Innanzitutto Alessia è intelligente. E’ molto espressiva, credo l’abbia preso da me: riesce a farsi capire già col sorriso, con gli occhi, il comportamento. In casa la capiamo al volo. Negli anni grazie al computer lei è riuscita anche a studiare, ci sono ottimi ausili software per disabili. Ha frequentato il Nido, le Elementari, le Medie e il Liceo artistico fino al diploma. Ha una grande predisposizione per l’arte, all’Assofa che frequenta da ormai più di otto anni ha potuto coltivare questo talento, ed è diventata brava a dipingere”.

Sempre in pista con Alessia, e qualche “ritaglio” di boogie – Mamma Franca lavora part-time per poter stare con Alessia ogni pomeriggio. “La porto all’Assofa alle 8 del mattino e torno a prenderla alle 14. Rientra stanca perché al Centro fa molte attività, così fa un riposino, giusto il tempo perché anch’io possa mangiare qualcosa, perché al suo risveglio torniamo subito in pista: due volte a settimana fa fisioterapia, per un po’ di anni ha seguito anche corsi di ippoterapia e nuoto. E poi c’è da accompagnarla dal medico, dal dentista, dal parrucchiere, le piace cambiare spesso colore di capelli, e comprarsi i vestiti, ama le fantasie e le tinte accese”. Una vita piena di stimoli: “Adora stare in compagnia e le occasioni non le mancano di certo anche qui a casa con le amiche delle sue sorelle..”. E sua mamma? Quando trova il tempo per se stessa? “Tempo per me stessa? Sai come siamo fatte noi donne, quando poi ne avanziamo, quasi non sentiamo più il bisogno di fare qualcosa esclusivamente per noi stesse…perché magari sono già le 10,30 di sera e siamo stanche morte, crolliamo di sonno davanti alla tv. Comunque: prima del Covid io e mio marito ci siamo imposti di ritagliarci un’oretta e mezza per andare a ballare: boogie, liscio, salsa… ci andavamo ogni lunedì sera, grazie alle altre figlie che sceglievano di stare in casa con la sorella maggiore, lo chiamavano il lunedì delle sorelle. Per un po’ ho anche fatto yoga per via del mal di schiena, mio marito nuoto. Qualche uscita a cena con le colleghe non me la nego, e poi in vacanza al mare, all’estero con tutta la famiglia, abbiamo girato il mondo, Alessia adora le città europee, Praga, Londra, Parigi, Berlino”.

Un normalissimo rapporto tra sorelle – “La secondogenita, Arianna, è molto materna e protettiva con lei, voleva fare la fisioterapista proprio per imparare a gestire bene sua sorella. Ci riesce molto bene, meglio di me che sono troppo ansiosa. Studia Farmacia a Parma. Alida, la più piccola, che ora studia Scienze dell’Educazione, si comporta come se non vedesse la disabilità di Alessia: ci litiga, quando usa i suoi vestiti Alessia urla, poi fanno pace, ridono, si abbracciano. Anche Alida la stuzzica ed è tutta rosa e fiori con Arianna. Insomma hanno un rapporto normale…da sorelle”.

Mai trovato la strada spianata –  Sono stati anni di battaglie per mamma Franca, per far sì che le  potenzialità e aspirazioni di Alessia non andassero perdute così come non le venisse negato il suo diritto al massimo della normalità che le è possibile. Dall’asilo al liceo le barriere incontrate non sono state solo architettoniche, “le più difficili da abbattere sono quelle che la gente ha nella testa e nel cuore. Personalmente non ho mai trovato la strada spianata. Insomma per chi è disabile è ancora tutto più complicato, lo stesso si può dire per tutti i più fragili, penso agli anziani, ai malati che si trovano quotidianamente a lottare col “problema in più”, mancano politiche che siano veramente efficaci per a renderci le cose meno faticose, non c’è quella mentalità di facilitarci che invece ho trovato quando siamo state in America e in Nord Europa: lì c’è più consapevolezza, più rispetto per situazioni come la nostra”. Tante battaglie, delusioni, conquiste sudando lacrime e amarezza, “arrivi a un punto che con situazioni di questo genere in casa perdi la fiducia, diventi un po’ scettica. Ma lo sai che quando ho deciso di avere altri figli sono stata accusata di essere un’egoista?”

Sì, sono un’egoista: voglio una vita normale” –  Le critiche più dolorose da incassare sono venute da parenti e amici. “E’ lì che cominci a scremare. E poi sai che ti dico? Sì sono stata un’egoista! Sono stata un’egoista perché a un certo punto ho sentito il bisogno di vivere anche una maternità serena, di avere un figlio da portare all’asilo, alle feste di compleanno, al campo giochi senza problemi, da crescere, autonomo, libero…”. E sono arrivate altre due femmine: “Certo, è stato molto duro doverle gestire soprattutto da piccole con l’impegno che mi richiedeva dover assistere Alessia in tutto per tutto: lei aveva 7 anni quando è nata Arianna, due anni dopo è arrivata Alida. Sola a casa con tre bambine piccole, i miei genitori ancora lavoravano, quelli di mio marito erano troppo anziani per aiutarmi. Imboccavo Alessia sul seggiolone, preparavo la pappetta per Arianna e allattavo al seno Alida. Ogni giorno iniziava e finiva così. Poi c’era da mandare avanti la casa e tutto il resto, ma…ci riuscivo benissimo. E’ stata dura, ma rifarei tutto: le mie figlie sono persone molto speciali. No, no, non mi ritengo affatto una grande donna, sono semplicemente una mamma”.

Il sollievo di affidare una figlia in mani sicure – La scoperta della cooperativa Assofa con tutte le opportunità di cura e socializzazione che poteva offrire è arrivata molto dopo, quando Alessia aveva 20 anni. “Si è aperto uno spiraglio e poi un mondo sorprendente, meraviglioso. Ma ci abbiamo messo un po’ a fare il gran passo: Alessia non era dell’idea di frequentare il Centro, l’inserimento è stato molto lungo anche per causa mia, sono un pochino possessiva, le mie tre figlie le voglio sempre molto vicine, ma poi ho capito che potevo affidarla in mani sicure, perché qui ho conosciuto persone veramente aperte che ti coccolano e coccolano tua figlia, lo vedi, lo capisci in tanti piccole cose, la cura e la delicatezza con cui le si avvicinano, l’affetto con cui le parlano…come le mettono a posto il piede, la mano… E poi qui le fa tante cose che le piacciono, hanno incentivato e valorizzato la sua vena artistica, creato un laboratorio, proprio sull’input delle sue esigenze. Ne vado orgogliosa”.

Franca, adesso come stai? – “Mio marito ti risponderebbe: ‘bene’, non vuole la pietà di nessuno. Potrei dire anch’io la stessa cosa con chi conosco appena. Se invece me lo chiede chi vive in una situazione come la mia, mi sbottono un po’ di più chiedo: ‘una domanda di riserva?’ Sai cos’è? In realtà non c’è mai un periodo calmo. Certo, gli alti e bassi li hanno tutti, ma in situazioni come questa non fai mai una vita davvero tranquilla. Di colpo puoi trovarti a dover correre al Pronto Soccorso col cuore in gola con tua figlia che perde sangue…è capitato, un ricovero lungo, tanta paura, ma siamo state sempre unite anche in questa ennesima prova, c’è grande intesa tra noi, ne siamo uscite più forti di prima”.

Tiziana Pisati